La Carta dei diritti dei figli dei genitori separati dell’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza e la difesa nei procedimenti minorili
Di MARIA GIOVANNA RUO -
Sommario: 1. I figli e la crisi disgregativa della coppia genitoriale conflittuale. – 2. Medea e Giasone: emblema della conflittualità genitoriale. – 3. L’iniziativa dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza. – 4. La Carta dei diritti dei figli dei genitori separati: la tutela della libertà delle persone dei figli (artt. 1, 2, 3). – 5. La Carta dei diritti dei figli dei genitori separati: la tutela della dignità delle persone dei figli. – 6. La Carta dei diritti dei figli dei genitori separati: la tutela della salute delle persone dei figli. – 7. La Carta dei diritti nell’esercizio della professione forense.
I figli e la crisi disgregativa della coppia genitoriale conflittuale
Le crisi disgregative di genitori di figli minorenni sono in aumento: dato statistico che riguarda sia le coppie coniugali, sia quelle non coniugali, sia quelle unite civilmente (o comunque omosex) sia quelle che non hanno mai convissuto, essendo il figlio nato da una relazione che si potrebbe definire estemporanea, talvolta persino funzionale solamente alla procreazione, talaltra di fragilità intrinseca.
Ciò vuol dire che vi è un numero crescente di minorenni che non convive con entrambi i genitori e, molto spesso, i cui genitori si trovano in conflitto, anche su minime questioni che li riguardano e che non solo non sanno contenersi nel conflitto per tutelarne i figli, ma che anzi li usano come strumento di offesa o come oggetto di contesa.
Genitori che sembra abbiano perso il senso della cura e dell’accudimento, che -inconsapevolmente per lo più- incapaci di sostenere il conflitto stesso che alimentano- non riescono a visualizzare la sofferenza e le esigenze dei figli, perdendo il senso stesso della genitorialità.
Chi lavora in questa area come professionista forense, pur nell’ovvia costituzionale necessità di espletare il proprio mandato nell’interesse dell’Assistito, si trova molto spesso a doverne arginare (altrettanto molto spesso senza successo) pretese assurde in tema di responsabilità genitoriale o altrettanti comportamenti assurdi nell’esercizio di tale responsabilità e nella vuota rivendicazione rancorosa nei confronti dell’altro genitore.
Quali siano i danni del vivere in età evolutiva le relazioni familiari con modalità distorte e prevaricanti, strumentalizzanti ogni rapporto a fini del soddisfacimento delle proprie rivendicazioni rispetto a un fallimento affettivo la cui responsabilità viene attribuita esclusivamente all’altro, è tale che qualcuno parla ormai di problema di salute pubblica. Bambini e adolescenti non ascoltati, utilizzati, strumentalizzati, manifestano patologie comportamentali o alimentari o altro. E, senza che vi sia ovviamente determinismo, avendo vissuto relazioni malate nella loro età formativa, saranno portati più di altri a riproporle nella loro vita adulta.
Errato sarebbe voltarsi indietro con rimpianto a tempi in cui la cessazione della convivenza tra genitori era un fenomeno meno diffuso: il problema non è questo perché vi erano altre situazioni distorsive e perché il matrimonio, come unica forma di convivenza eterosessuale accettata e sostanzialmente correlata alla riproduzione, destinata a durare tutta la vita, non è più un modello condiviso e bisogna trovare nuove strade per la tutela dei più vulnerabili, i figli soprattutto minorenni. Bisogna che il momento separativo sia volto alla ricostruzione delle relazioni a loro tutela.
Medea e Giasone: emblema della conflittualità genitoriale.
E invece i figli sempre più spesso non sono solo oggetto di contesa, ma strumento di offesa tra genitori che nemmeno riescono a vederli: diventano “bambini pugnale”, arma con la quale offendere l’altro, per distruggerlo, quasi che fossero persone invisibili.
E’ emblematico il dialogo finale di Medea e Giasone nella tragedia di Euripide. La storia è quella di un fallimento di coppia con reciproche crudeltà ed accuse. Medea, principessa della Colchide -avvertita come barbara e selvaggia dalla raffinata Grecia- si innamora del greco Giasone e per lui, per consegnargli il vello d’oro, gli si dona integralmente, tradisce il proprio padre, uccide il fratello, abbandona la patria. Ma la complessità delle situazioni nelle quali i due sposi, divenuti genitori, vivono, l’intrecciarsi delle vicende personali con altre politiche e sociali, portano i protagonisti su strade diverse. Giasone si innamora e vuole sposare un’altra donna, Creusa. Medea, non più amata, è condannata all’esilio insieme ai propri figli: invia quindi -usandoli come messaggeri- un dono fatale a Creusa, la nuova sposa di Giasone, incurante del pericolo al quale li espone. E poi li uccide: per punire il padre del tradimento[1].
I bambini sono solo muti testimoni dell’irreversibilità della crisi dei genitori,
Da una parte sono uno strumento di vendetta l’uno nei confronti dell’altro, quasi un pugnale brandito da ciascuno dei genitori per farsi male vicendevolmente,
Dall’altra sono per i genitori stessi persone quasi invisibili. Vengono considerati da loro solo in quanto strumenti di offesa l’uno contro l’altro.
I genitori, sia nella versione euripidea, sia in quelle moderne, persino davanti allo strazio dei loro corpi si scambiano accuse atroci, incapaci di umana pietas, ancora una volta di chinarsi davanti alle loro esistenze oramai perdute alle persone che furono e che non saranno. Quasi che persone non siano mai stati.
Eppure sono i figli i veri protagonisti del dramma: perdono tutto, gli affetti, le certezze e infine la vita; sono traditi in quanto inascoltati da coloro di cui dovrebbero fidarsi più di tutti: l’uno teso a raccontarsi le ragioni di un fallimento di vita affettiva, sempre addebitandone le motivazioni all’altra; l’altra incapace di farsi una ragione di una crisi irreversibile e capace di vederli solo quale strumento della propria vendetta. Ma nel contempo raccontando a se stessa che si tratta di amore materno soprattutto nelle due moderne versioni del mito.
L’archetipo è attuale e le dinamiche si riproducono con esasperante quotidianità in molte crisi relazionali tra genitori. Pur avendo la maggior parte delle volte (ma purtroppo non sempre: le cronache sono piene di uccisione dei figli) modalità meno cruente, la crisi conflittuale delle relazioni sembra alcune costanti:
viene considerata solo la relazione tra adulti;
la crisi e il dolore dei bambini vengono percepiti -quando lo sono- da parte degli adulti come simmetrici e identici nei contenuti ai propri;
la protezione del bambino e la sua tutela viene vista reciprocamente e rispettivamente come protezione dalla asserita inadeguatezza dell’altro genitore.
I genitori in crisi tra di loro molto spesso: o non vedono proprio i figli, offuscati dalla propria vicenda personale e il bambino resta muto e invisibile; o cercano di allearli a sé nella guerra contro l’altro, blandendoli e corrompendoli con dismissione del ruolo educativo; o li usano come strumento di offesa e di distruzione dell’altro: il bambino viene utilizzato come ‘pugnale‘.
Nelle separazioni conflittuali è sempre più difficile incontrare genitori che nella crisi della loro relazione si fermino non solo a tentare di capire ma anche a guardare il messaggio di disorientamento dei propri figli.
Come Medea e Giasone che persino davanti ai corpi inermi dei figli, sono autoreferenziali, sono solo tesi a scambiarsi accuse, sembra che non li considerino nemmeno, a parte qualche frase di circostanza, dato quanto precede e che segue che sottolinea l’ego smisurato di ciascuno di loro.
Euripide, Medea, ultimo atto
G: Sii maledetta, donna sciagurata, assassina dei miei figli. A me non resta che piangere sul mio destino: non avrò gioia dalle nuove nozze e i figli che ho generato e cresciuto, non li vedrò più vivi, li ho perduti
M Chiamami pure belva e Scilla, mostro del Tirreno: ti ho colpito al cuore, come meritavi
La mia sventura è la tua: anche tu soffri
M Se non dovrai ridere di me, il mio dolore è gioia
G Che madre crudele vi è toccata o figli
M per la follia di vostro padre siete morti, o figli
G Non è mia la mano che li uccise
M Li ha uccisi l’oltraggio delle nuove nozze
G Per questo li hai uccisi dunque, per le nozze?
M Credi che sia un dolore da poco?
G Lo è per una donna saggia: ma tutto in te è perverso
M Sono morti: questo sarà il tuo tormento
G Sono vivi, invece, e chiedono vendetta
M Gli dei sanno chi è la prima causa di tutte le sciagure
G Sanno anche come è ignobile il tuo cuore
M Odiami pure: le tue parole io le detesto
E io le tue: è facile dirsi addio
M E’ quello che voglio anche io: ma come?
G Lascia che seppellisca e pianga questi morti.
M No. Io li voglio seppellire, con queste mani. Quale Dio, quale demone può dare ascolto a te, traditore degli ospiti e spergiuro?
G Assassina dei miei figli, donna infame!
M entra in casa piuttosto e seppellisci tua moglie
G Lo farò, ma ho perduto i miei figli!
M Aspetta di essere vecchio per piangere davvero
G O figli amatissimi!
M Da me non da te
G Perché li hai uccisi allora?
M per farti soffrire
G Vorrei baciare le labbra dei miei figli adorati
M Ora li chiami, ora li vuoi baciare, ma prima li scacciavi
G Lascia che tocchi i loro teneri corpi, per amore di Dio!
M No, mai. Tu parli al vento
L’iniziativa dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza
Certo Medea e Giasone costituiscono un estremo. Ma quella di non essere in grado di fermarsi, ad ascoltare i figli nelle reciproche e rispettive rivendicazioni rancorose, utilizzandoli, non visualizzandoli nemmeno nelle loro esigenze, è una fenomenologia diffusa nelle crisi conflittuali di coppia.
Così che molto opportunamente si colloca l’iniziativa dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza di dare voce ai veri protagonisti della vicenda esistenziale, affettiva e giuridica che riguarda la cessazione della convivenza (o la non convivenza) dei figli dei genitori in crisi di coppia. Coloro i cui diritti sono teoricamente al centro del sistema (art. 2, 3, 30, 31 e 32 Cost.; art. 3 e 9 Convenzione ONU sui diritti del fanciullo; art. 24 Carta di Nizza) ma che poi nell’effettivo articolarsi delle diverse dinamiche sono molto spesso pretermessi o schiacciati o solo formalmente rispettati.
L’iniziativa ha prima di tutto un valore culturale, ponendo con forza al centro della vicenda i figli minorenni e il loro best interest. Se questo coincide con la tutela delle loro migliori condizioni di sviluppo psico-fisico, e deve essere preminente e determinante per tutti i decisori (prima di tutto i genitori, ma anche lo Stato nelle sue diverse articolazioni) certamente nelle vicende separative conflittualizzate – tanto più se in modo esasperato – tale miglior interesse non trova tutela e realizzazione.
D’altronde la legge istitutiva dell’Autorità Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza espressamente prevede tra i suoi compiti quello della promozione dei diritti di cui alla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo (20.11.1989, rat. con l. 176/1991).
La Carta dei diritti dei figli dei genitori separati ha però anche valore giuridico di “ascolto” sociale delle esigenze dei figli nella separazione dei genitori: e, anche se a volte può apparire ridondante, esprime un’esigenza profonda da parte delle persone di età minore di essere rispettate nei propri diritti nei quali si articolano in definitiva quelli di dignità della persona, di corretta costruzione della propria identità personale, di salute.
Secondo l’art. 12 della Convenzione sui diritti del fanciullo difatti il diritto di ascolto non riguarda solo le singole persone di età minore, ma anche collettività e gruppi di minorenni. E il comitato ONU, nell’interpretare tale articolo, ricorda che è un diritto che deve essere rispettato anche dalle Autorità. Aver dato voce quindi ai figli dei genitori separati ha costituito il doveroso esercizio di un diritto/dovere da parte dell’Autorità Garante, peraltro ribadito anche nella sua legge istitutiva (l. 112/2011). La Carta difatti -come ha affermato espressamente Filomena Albano- riprende quanto asserito nei “gruppi di parola” sostenuti dall’AGIA: è “un’attività di ascolto dei bambini e dei ragazzi in un momento di significativo cambiamento e sofferenza, uno spazio di gruppo in cui condividere pensieri ed emozioni attraverso il gioco, il disegno e altre attività, con l’aiuto di professionisti specializzati. Sulla scia di questa esperienza, promossa con l’Università Cattolica del S Sacro Cuore e l’Istituto Toniolo, è stata pensata la “Carta dei diritti dei figli nella separazione dei genitori” i cui principi fondanti sono ispirati alla Convenzione di New York. Un lavoro corale portato avanti da un nutrito gruppo di esperti afferenti all’area giudica, sociale, psicologica e, non da ultima, dalla Consulta dei ragazzi, organo consultivo istituito”[2] dall’Autorità Garante
La Carta può essere quindi letta nella prospettiva dell’esercizio del dovere di ascolto delle persone di età minore, consacrata nell’art. 12 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo, che, come sottolinea il Comitato ONU nel Commento n. 12 riguarda gruppi di persone di età minore.
Porta in emersione, quindi, le violazioni continuative di diritti fondamentali nel loro concreto atteggiarsi di cui sono spesso vittime i figli di genitori non conviventi, espressione di un grido di allarme, anche sociale. Mentre nelle singole concrete vicende i figli rimangono afoni.
La Carta non costituisce invece certamente l’enucleazione di nuovi diritti, non essendo certo questo il mandato istituzionale dell’Autorità Garante che infatti correttamente nella premessa afferma che “la Carta non contiene norme ma contiene principi che diventano esigibili proprio grazie alla sensibilizzazione ed alla rivoluzione culturale”[3] che la sua diffusione alimenta.
L’apparente incoerenza sistematica dei diritti affermati da una parte costituisce sottolineatura dell’esigenza di essere rispettati nelle necessità più profonde; dall’altra –ricondotta a sistema- costruisce un’articolazione concreta di come attuare nelle situazioni di disgregazione della coppia genitoriale per le persone di età minore i diritti costituzionali di libertà, dignità, salute.
La Carta dei diritti dei figli dei genitori separati: la tutela della libertà delle persone dei figli (artt. 1, 2, 3)
Nelle separazioni spesso i figli perdono o hanno la sensazione di perdere l’amore dei genitori e, soprattutto, sopraffatti dai condizionamenti dell’uno o dell’altro, perdono la libertà di voler bene ad entrambi. Invece i bambini figli di genitori non (più conviventi) hanno il diritto di manifestare liberamente il loro amore senza aver paura di ferire, di offendere, e quindi di perdere l’amore dei genitori. Hanno diritto di non vedersi lacerare tra i genitori, di vedersi sottratti gli affetti dei fratelli, dei nonni o degli altri componenti della famiglia allargata (zii, cugini) in ragione del conflitto dei loro genitori. Hanno diritto di non mentire per paura di fare male all’uno o all’altro o, peggio, di dover inventare storie per compiacere l’uno o l’altro, finendo loro stessi per alimentare il conflitto (art. 5).
I bambini non dovrebbero mai essere caricati delle responsabilità degli adulti e nemmeno essere confidenti delle loro angosce da lutto o dei loro adolescenziali nuovi sentimenti di scoperta di un nuovo amore. Sono loro che debbono affrontare per primi la disgregazione del loro orizzonte emotivo ed affettivo e sono loro che hanno bisogno di confidare le loro angosce, le loro paure di una vita improvvisamente divenuta incerta e nebulosa: in questo andrebbero accompagnati e rassicurati, non alleati in modo disfunzionale e compiaciuto.
Non utilizzati come messaggeri di comunicazioni o richieste esplicite o implicite di soldi, oggetti, situazioni (art. 5)
La Carta dei diritti dei figli dei genitori separati: la tutela della dignità delle persone dei figli
Un documento europeo, tanto importante quanto purtroppo non attuato, Le Linee guida del Consiglio d’Europa per una giustizia child friendly (Bruxelles, 17.11.2010) pone tra i principi generali essenziali quello della dignità della persona di età minore nei procedimenti che li riguardano. Il principio di dignità costituisce il contenuto dell’art. 1 della Carta di Nizza, o Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e, per il divieto di discriminazione anche in ragione dell’età, deve ricevere piena attuazione anche nei confronti delle persone di età minore.
Tutela della dignità vuol dire rifiuto della reificazione dei figli, di ridurli a cose e non persone.
La libertà di amare e di essere amati non può effettivamente attuarsi nella concretezza della crisi della relazione tra genitori se i figli non sono informati di quanto sta succedendo, se non sono ascoltati nelle loro più profonde istanze, se sono coinvolti in modo non corretto in scelte che competono agli adulti, se non sono fornite loro spiegazioni corrette sulle scelte effettuate.
Ma la libertà si può esercitare correttamente solo se vi sono le informazioni giuste sulla situazione, in modo adeguato e non fuorviante e strumentale: altrimenti non si è liberi, ma condizionati da chi manipola le informazioni. Allora divengono essenziali i modi e i tempi delle informazioni, sulla crisi presente e sull’assetto futuro, che debbono essere consegnate loro non in modo stereotipato, o emotivamente stravolgente, ma secondo le esigenze dei figli stessi, dei loro tempi, della loro sensibilità (art. 3).
Per porsi poi in ascolto delle loro angosce e paure, sentendosi accolti e rispettati, anche nella loro eventuale rabbia, tristezza, rifiuto della realtà che si pone loro davanti, senza false rassicurazioni (“va tutto bene”) che a nulla servono se non a farli sentire rifiutati e incompresi, limitando anche la loro libertà di esprimersi (art. 4).
Ma dopo l’ascolto sono gli adulti che si debbono assumere le responsabilità delle scelte, non caricando i figli e lacerandoli nel conflitto di lealtà tra di loro, ma avendo il coraggio della cura e dell’accudimento anche nel non assecondare i desideri dei figli se non corretti, spiegando le decisioni divergenti dalla loro opinione, dai desideri da loro manifestati. E alleandosi tra loro prima nell’assumere le scelte più importanti nel loro interesse (residenza, educazione, istruzione e salute), tenendo presenti la continuità delle abitudini e la continuità relazionale ed affettiva (art. 6); continuando ad essere alleati nel fornire spiegazioni coerenti e univoche, non contraddittorie, equivoche, reciprocamente squalificanti (art. 10).
La Carta dei diritti dei figli dei genitori separati: la tutela della salute delle persone dei figli
Il tema del non doversi schierare, mentire, prendere le parti dell’uno o dell’altro ha grande valenza anche nella prospettiva della tutela del diritto alla salute della persona di età minore, perché situazioni di questo genere ledono il suo diritto al miglior sviluppo psico-fisico (art. 7).
Hanno tempi diversi dagli adulti e per assorbire la nuova realtà separativa necessitano di non vedere sostituito il genitore con un’altra persona troppo in fretta (mentre i genitori talvolta sembrano avere una fretta terribile di coinvolgerli nelle loro nuove relazioni, di imporre se non un nuovo altro genitore, quantomeno nuovi nonni, cugini, zii, eliminando casomai quelli precedenti) ed esigendo dai figli adesione alle loro scelte (8).
Sappiamo da altre scienze che bambini vittime del dissennato conflitto familiare possono essere adultizzati o presentare ritardi, avere comportamenti asociali o devianti, con i quali spesso richiamano l’attenzione di genitori troppo assorbiti da loro stessi e dal conflitto. E restituiscono poi “con gli interessi” in adolescenza ai genitori immaturi e adultescenti che li hanno coinvolti senza rispetto dei loro tempi le angosce che sono state loro generosamente regalate. Purtroppo molto spesso facendo male a loro stessi, soprattutto. Automutilandosi fette di vita e di affetti o vivendoli in modo distorsivo.
Una riflessione a parte meritano le cd. “questioni economiche” dalle quali i figli debbono essere preservati, nel senso che i genitori debbono entrambi contribuire in modo “giusto” alle loro necessità, anche se è illusorio affermare che i figli hanno il diritto di non sentire il disagio economico del nuovo equilibrio familiare: perché ciò è possibile solo in famiglie abbienti e la separazione impoverisce di per sé, in quanto spezza anche l’alleanza economica tra genitori e duplica le spese (art. 9).
Giustissimo il richiamo al diritto di non vivere forme di violenza, economica (art. 9) e assistita, le quali meriterebbero una riflessione a sé anche per la “timidezza” con la quale sono contrastate anche in sede giudiziale.
La Carta dei diritti nell’esercizio della professione forense
La crisi delle relazioni familiari negli adulti protagonisti viene avvertita sempre come dissolutiva, spesso come distruttiva della relazione stessa; quasi mai come occasione maturativa delle persone e della relazione in funzione del benessere dei figli. Di conseguenza i protagonisti adulti non si pongono nella situazione di attivazione delle proprie risorse per un nuovo assetto relazionale sul piano affettivo, giuridico e di responsabilità genitoriale.
Sperimentiamo quotidianamente nei nostri studi troppo spesso l’assenza di consapevolezza delle conseguenze dannose per il bambino delle proprie azioni e comportamenti:
violenza assistita,
denigrazione dell’altro,
alleanza a se stesso;
manovre corruttive;
strumentalizzazione del bambino nel giudizio (l’audizione del minore non deve diventare un momento per caricare il bambino di conflitti di lealtà da parte dei genitori e dei loro avvocati).
Ci troviamo frequentemente a dover fare i conti con la diffusa incapacità dei genitori nostri Assistiti di leggere i messaggi compiacenti del bambino come sintomo di disagi, di decodificare il linguaggio del bambino e il suo messaggio.
Nel migliore dei casi, dobbiamo troppo spesso rilevare nelle separazioni conflittuali assenza di consapevolezza del potenziale maturativo della crisi delle relazioni, e di occasione per progettare e costruire un nuovo assetto.
La Carta dei diritti nel concreto esercizio della professione forense può essere un ottimo strumento di contrasto a tutto questo.
Più volte Cammino ha affermato come nell’area relazioni familiari/minorenni l’avvocato debba esercitare il ruolo di contenimento delle pretese dell’Assistito, promozione del cambiamento, ricostruzione delle relazioni familiari.
In questa prospettiva di triplice funzione contenitiva, promotiva, (ri)costruttiva delle relazioni, la Carta dei diritti dei figli dei genitori separati può essere d’ausilio perché attribuisce nel concreto autorevolezza incomparabile ai nostri sofferti tentativi di convincere i nostri assistiti dell’illegittimità di comportamenti che gli stessi, spesso in ottima buona fede, ritengono invece legittimi e tutelanti i figli. La Carta può costituire un ottimo strumento per accompagnare i genitori nostri Clienti nella consapevolezza della necessità di cambiamento personale e delle relazioni per riconquistare il ruolo effettivo di ascolto e di assistenza morale dei figli minorenni, come disposto dall’art. 315 bis c.c.
Altra possibile concreta utilizzazione è negli accordi di negoziazione e nei ricorsi congiunti: i genitori si possono impegnare a rispettare con il loro comportamento i bisogni dei figli che emergono dalla Carta dei diritti che possono essere esplicitamente richiamati. Ciò può avere un effetto promotivo del cambiamento nella consapevolizzazione di quali siano i diritti dei figli e come gli stessi non debbano essere violati nel concreto. I diritti enucleati possono costituire il contenuto del piano genitoriale educativo, con reciproca assunzione di responsabilità ad essere coerenti con i comportamenti indicati.
La non coercibilità di tali diritti non può costituire un problema o un limite. D’altronde moltissimi doveri dei genitori che costituiscono il contenuto della responsabilità genitoriale non sono coercibili: ma la loro affermazione costituisce un precetto cui non sottrarsi, elemento di consapevolezza e di possibile modifica di approccio culturale al tema della responsabilità genitoriale; la loro violazione fonte di risarcimento del danno.
Anche gli elaborati peritali, troppo spesso stereotipati, potrebbero utilmente accogliere le indicazioni della Carta dei diritti come indicatori di maggiore o minore idoneità genitoriale.
Infine i comportamenti individuati nella Carta dei diritti molto opportunamente potrebbero costituire contenuto di prescrizioni nell’ambito di provvedimenti ex art. 709 ter, II comma, c.p.c.: ma preferisco pensare con l’ottimismo della volontà che possano costituire motivo di contenimento, promozione del cambiamento, consapevolezza della necessità di costruire nuove relazioni nell’interesse dei figli.
Uno strumento quindi duttile, versatile, utile per adempiere meglio anche al mandato difensivo.
Roma, 27 marzo-3 giugno 2019
[1] Le rielaborazioni moderne del mito obbediscono a istanze diverse, apparentemente più comprensibili: negli omonimi drammi di Grillparzer e di Alvaro, Medea è vittima delle circostanze avverse e del destino, oppure straniera ed esule, esclusa e respinta dalla comunità che la ospita: il percorso tende ad alleggerire il peso della colpa chiamando in causa per l’estremo ed orrendo gesto ragioni esterne quasi inevitabili e determinanti.
L’uccisione dei figli viene quasi presentata a se stessa dalla protagonista come un’ineludibile necessità di proteggere ed amare, raccontata come frutto di un esasperato senso di pietà materna.
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