Il trattamento fiscale relativo all’assegno di mantenimento corrisposto all’ex coniuge nelle fattispecie transnazionali alla luce della recente prassi erariale
Di recente, l’Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti sul regime impositivo da riservare all’assegno di mantenimento, correlativamente al profilo della deducibilità dello stesso, corrisposto all’ex coniuge. In particolare, la stessa ha pubblicato, a seguito della presentazione di apposite istanze, due risposte ad interpello allo scopo di fare maggiore chiarezza rispetto all’ambito di operatività dell’art. 10, comma 1°, lett. c), d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR)[1] nelle fattispecie transnazionali.
Allo scopo di comprendere la prassi erariale, sembra opportuno rammentare che, ai sensi dell’art. 10, comma 1°, lett. c), TUIR, dal reddito complessivo del contribuente si deducono – se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo – gli oneri sostenuti relativi ad assegni periodici corrisposti al coniuge, salvo quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell’Autorità giudiziaria[2].
Il caso sotteso alla risposta 17 dicembre 2020, n. 598, ha riguardato un soggetto che, fino all’11 febbraio 2019, ha avuto residenza e domicilio in Germania e, a partire da tale data, ha trasferito sia residenza che domicilio fiscale in Italia. A seguito di una sentenza di divorzio, risalente all’anno 2015 e pronunciata da un Tribunale tedesco, lo stesso è tenuto al pagamento di un assegno periodico mensile a favore dell’ex moglie, cittadina tedesca residente in Germania.
L’assegno divorzile, non comprendente le quote relative al mantenimento dei figli, è stato sempre corrisposto con modalità tracciabili mediante ricorso al sistema bancario e il contribuente ha chiesto all’Amministrazione finanziaria se avesse potuto portare in deduzione dal proprio reddito complessivo, ai sensi dell’art. 10, comma 1°, lett. c), TUIR, i versamenti effettuati a favore dell’ex coniuge residente all’estero in ottemperanza alla sentenza di divorzio e, in caso di risposta affermativa, quali fossero le modalità operative in seno alla dichiarazione, a causa dell’assoluta necessità dell’informazione del codice fiscale dell’ex coniuge ai fini della deducibilità dell’onere.
A fronte della ricostruzione del contribuente in termini di indeducibilità dell’onere relativo all’assegno divorzile per essere l’ex coniuge privo di codice fiscale[3], l’Agenzia delle Entrate ha, di converso, fornito risposta affermativa in tal senso, consentendo all’istante di dedurre gli assegni periodici corrisposti.
A livello operativo, in sede di dichiarazione, il contribuente deve indicare sia l’importo dell’onere da dedurre che il codice fiscale dell’ex coniuge percettore; in mancanza del codice fiscale, si rende necessario richiederne l’attribuzione sulla base di un’istanza motivata, a cui deve essere allegata la sentenza di divorzio, ai sensi dell’art. 6, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 605.
Peraltro, nel parere fornito, l’Agenzia delle Entrate ha richiamato la Convenzione contro le doppie imposizioni siglata tra Italia e Germania, ratificata con l. 24 novembre 1992, n. 459, la quale prevede che gli assegni versati da un residente di uno Stato contraente per il mantenimento di un residente dell’altro Stato contraente, ivi compreso un bambino, sono imponibili soltanto nel primo Stato. Pertanto, l’ex coniuge percettore, sebbene non residente nel territorio dello Stato, sarebbe, pur sempre, tenuto a dichiarare in Italia, ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), l’importo degli assegni di mantenimento percepiti a titolo di redditi assimilati a quello di lavoro dipendente, ai sensi dell’art. 50, comma 1°, lett. i), TUIR[4].
A ben vedere, la risposta fornita appare essere pienamente condivisibile e in linea con l’esigenza di valutare, ai fini della determinazione della base imponibile del soggetto erogante, gli oneri relativi all’assegno divorzile quale reale esborso di denaro effettivamente sostenuto dal contribuente nel corso del periodo d’imposta. Di riflesso, ciò assume rilievo sotto almeno due profili, connessi e complementari, di cui l’uno di natura costituzionale e l’altro di carattere sistematico.
A livello costituzionale, la deducibilità dell’importo relativo all’assegno divorzile è meritevole di apprezzamento con riguardo all’effettività della capacità contributiva quale carattere imprescindibile alla stessa, come rimarcato, a più riprese, dalla Corte Costituzionale, dovendo la tassazione colpire ricchezze effettive (e non fittizie)[5]. A livello sistematico, se, conformemente alla natura dell’IRPEF, si ritiene che tale imposta sia, oltre che progressiva, personale, sarebbe emersa una evidente criticità laddove fosse stata negata la deducibilità del predetto assegno per mere questioni di tipo formale (e.g., l’assenza del codice fiscale dell’ex coniuge percettore).
Differente è, invece, il caso inerente alla risposta dell’8 febbraio 2021, n. 93, ove l’istanza è stata presentata da un pensionato che, a seguito della pronuncia di divorzio con cui è stato disposto un assegno a favore dell’ex coniuge, ha inteso trasferire la residenza anagrafica e fiscale in Francia.
Gli artt. 18 e 24 della Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra Italia e Francia delineano un sistema di tassazione della pensione, una volta trasferita la residenza in Francia, di tipo “concorrente”. Sicché, l’INPS dovrebbe assoggettare a tassazione la pensione secondo la normativa fiscale italiana, fermo restando il diritto di compensare le imposte pagate in Italia con le imposte pagate in Francia nei limiti delle imposte francesi. Pertanto, l’istante ha chiesto se il reddito soggetto a tassazione in Italia sia il reddito da pensione al netto dell’assegno di mantenimento erogato dall’INPS all’ex coniuge e, in tale caso, se il predetto importo netto costituisca il reddito imponibile che viene segnalato alla Francia. È stato altresì chiesto se l’INPS, previa autorizzazione dell’Agenzia delle Entrate, possa applicare direttamente sulla pensione la tassazione prevista dalla normativa tributaria francese e, in tal caso, se sia possibile conoscere, alla data odierna, la «scaletta impositiva», prevista dalla normativa francese ed eventualmente applicata dall’INPS.
L’Amministrazione finanziaria, dopo aver minuziosamente ricostruito il regime impositivo delle persone fisiche residenti e non residenti con tassazione per le prime in base al worldwide taxation principle e per le seconde in ossequio al source principle, ha citato, in relazione alle persone fisiche non residenti, l’art. 23, comma 2, TUIR. Quest’ultima norma dispone che, a prescindere dalle condizioni di cui alle lettere c), d), e) f) del comma 1°, si considerano prodotti nel territorio dello Stato le pensioni, gli assegni ad esse assimilati e le indennità di fine rapporto, se corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti.
Tuttavia, rispetto alla deducibilità degli importi dal reddito delle persone fisiche non residenti, l’art. 24, comma 2, TUIR consente di dedurre dal reddito complessivo solo gli oneri di cui all’art. 10, comma 1°, lett. a), g) h), i) e l), TUIR; pertanto, non sarebbero ammessi in deduzione gli importi di cui alla lett. c) del citato art. 10.
Facendo giusta applicazione della normativa in vigore, l’Agenzia delle Entrate si è focalizzata sull’art. 24, comma 3-bis, TUIR che prevede un apposito regime nei confronti dei soggetti non residenti nel territorio italiano che assicuri un adeguato scambio di informazioni. In particolare, l’imposta dovuta è determinata in base agli artt. da 1 a 23, a condizione che il reddito prodotto dal soggetto nel territorio dello Stato italiano sia almeno pari al 75% del reddito dallo stesso complessivamente prodotto (c.d. “regola dei ¾”) e che il soggetto non goda di agevolazioni fiscali analoghe nello Stato di residenza. Tale disposizione, che ha trovato attuazione tramite la normativa contenuta nel D.M. 21 settembre 2015 del Ministro dell’Economia e delle Finanze, ha introdotto il regime dei c.d. “non residenti Schumacker”[6], che, al ricorrere delle condizioni di cui supra, determinano il reddito allo stesso modo delle persone fisiche residenti.
Il contribuente “non residente Schumacker”, essendo paragonato, ai fini reddituali, ad un soggetto residente, può godere delle medesime deduzioni con la conseguenza che, qualora dovesse essere corrisposto un assegno di mantenimento all’ex coniuge, l’erogante maturerebbe un diritto alla deduzione del relativo importo dal reddito. Di converso, il medesimo ragionamento non può compiersi rispetto ad un non residente “ordinario” (i.e., che non soddisfa le condizioni stabilite dall’art. 24, comma 3-bis, TUIR), al quale non sarebbe consentito di portare in deduzione dal reddito imponibile gli assegni erogati all’ex coniuge.
Nondimeno, l’Agenzia delle Entrate ha fatto chiarezza rispetto al profilo connesso alla doppia imposizione internazionale, sostenendo che, allo scopo di evitare una duplicazione del prelievo fiscale nei due Stati, il contribuente fiscalmente residente in Francia potrebbe beneficiare di un credito d’imposta pari all’imposta che dovrebbe essere ivi assolta. Ed infatti, che la doppia imposizione possa verificarsi è elemento di cui non si dubita e il credito di imposta rappresenta uno degli strumenti in grado di mitigare tale fenomeno[7].
L’art. 18, par. 1, della Convenzione contro le doppie imposizioni siglata tra Italia e Francia dispone che «le pensioni e altre remunerazioni analoghe, pagate ad un residente di uno Stato in relazione ad un cessato impiego, sono imponibili soltanto in questo Stato». In base al successivo par. 2, «(…) le pensioni ed altre somme pagate in applicazione della legislazione sulla sicurezza sociale di uno Stato, sono imponibili in detto Stato».
Secondo l’Agenzia delle Entrate le pensioni di vecchiaia, anzianità, reversibilità e invalidità erogate dagli enti (e.g., l’INPS), individuati nell’Accordo Amichevole stipulato tra le Amministrazioni finanziarie italiane e francesi il 20 dicembre 2000 per dirimere le incertezze sviluppatesi con riguardo alla locuzione “sicurezza sociale”, rientrano nell’ambito dell’art. 18, par. 2, della Convenzione e devono essere assoggettate a tassazione “concorrente” sia in Italia che in Francia.
In estrema sintesi, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che: (i) al reddito da pensione prodotto in Italia si applica il regime di tassazione “concorrente” sia in Italia che in Francia e la doppia imposizione internazionale può essere eliminata tramite riconoscimento del credito d’imposta da parte della Francia, ai sensi dell’art. 24, par. 2, lett. a), della Convenzione tra Italia e Francia[8], e, (ii) ai fini della tassazione italiana, qualora sussistano i requisiti per essere considerato un “non residente Schumacker”, il pensionato potrebbe portare in deduzione dal reddito imponibile gli assegni corrisposti all’ex coniuge in sede di dichiarazione dei redditi, a condizione che la deduzione non sia già stata compiuta dall’INPS in qualità di sostituto d’imposta[9].
Giusto il richiamo da parte dell’Agenzia delle Entrate al regime dei “non residenti Schumacker”, espressione dell’attività pretoria della Corte di Giustizia, la quale, in pronunce successive al caso Finanzamt Köln-Altstadt e Roland Schumacker, ha statuito che «la portata della giurisprudenza scaturita dalla citata sentenza Schumacker si estende a tutte le agevolazioni tributarie collegate alla capacità contributiva del non residente che non siano concesse né nello Stato membro di residenza né nello Stato membro di occupazione»[10]. Come, tra l’altro, sostenuto da autorevole dottrina la Corte di Giustizia, in tale sentenza, pur non «attardandosi in enunciazioni definitorie (…) applica il concetto di capacità contributiva in modo impeccabile dimostrando di saper comprendere assai bene l’importanza e la portata di esso come criterio-guida ai fini della decisione adottata concernente un problema di uguaglianza tributaria»[11].
La produzione della maggior parte del reddito all’interno dello Stato rappresenta indiscutibile elemento di radicamento in tale territorio; ciò pone i “non residenti Schumacker” in una situazione sostanziale qualitativamente non differente da quella dei soggetti residenti. Di conseguenza, sarebbe stato irragionevole non consentire loro di godere delle medesime deduzioni di cui beneficiano i residenti e, pertanto, anche della possibilità di dedurre l’assegno di mantenimento corrisposto all’ex coniuge, purché sussistano le condizioni di cui all’art. 24, comma 3-bis, TUIR.
[1] Agenzia delle Entrate, Risposta: Deducibilità degli assegni periodici corrisposti all’ex coniuge residente in Germania stabiliti in base alla sentenza di divorzio pronunciata dall’Autorità Giudiziaria tedesca, 17 dicembre 2020, n. 598; Agenzia delle Entrate, Risposta: Trattamento fiscale applicabile all’assegno di mantenimento erogato all’ex coniuge da una persona fiscalmente residente in Francia – Articoli 10, comma 1, lettera c), e 24 del TUIR, 8 febbraio 2021, n. 93.
[2] In giurisprudenza, ex multis, Cass., sez. VI, 24 febbraio 2014, n. 4402; Cass., sez. V, 12 novembre 2019, n. 29178; Cass., sez. V, 4 marzo 2021, n. 5984. In dottrina, G. Glendi, L’assegno di mantenimento per l’ex coniuge è deducibile dal soggetto erogante – deducibilità e correlativa tassabilità del rimborso dell’IRPEF dovuta sugli assegni di mantenimento per il coniuge?, in GT – Riv. giur. trib., n. 5/2021, pp. 456 ss.; M. Busico, Deducibile la somma versata al coniuge separato per gli assegni di mantenimento pregressi, in Corr. trib., n. 18/2014, pp. 1423 ss.; T. Lamedica, Ex coniuge: assegni o somma “una tantum”, in Corr. trib., n. 10/2007, pp. 786 ss.
[3] Ricostruzione corroborata dalle istruzioni relative al modello di dichiarazione dei redditi per le persone fisiche, relativamente al periodo d’imposta 2019, afferenti al Rigo RP22 (“Assegni periodici corrisposti al coniuge”), le quali precisano che «in assenza del codice fiscale del coniuge non sarà riconosciuta la deduzione».
[4] Agenzia delle Entrate, risposta n. 598/2020, cit., pp. 3 e 4.
[5]Ex multis, Corte cost., 28 luglio 1976, n. 200. Da ultimo, si veda Corte cost., 4 dicembre 2020, n. 262, ove la Consulta ha affermato che la regola generale, nel rispetto del principio di capacità contributiva, è quella secondo la quale la tassazione colpisca il reddito netto (c.d. tassazione al netto), sebbene nell’ordinamento tributario possano convivere eccezioni, più o meno marcate, a tale regola.
[6] Il regime dei “non residenti Schumacker” è stato predisposto per tenere conto della giurisprudenza europea; sul punto, CGCE, Finanzamt Köln-Altstadt e Roland Schumacker, 14 febbraio 1995, procedimento C-279/93. Per la dottrina, si rinvia, ex multis, a G. Melis, Manuale di diritto tributario, Torino, 2019, pp. 582; P. Pistone, Sulla compatibilità dell’imposte settoriali sul fatturato con il diritto dell’Unione Europea, in Dir. prat. trib. int., n. 2/2020, pp. 779 ss.; A. Crazzolara, Un nuovo tassello nella giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE relativa all’utilizzabilità nello Stato di residenza delle perdite delle stabili organizzazioni estere: la sentenza Timac Agro, in Dir. prat. trib. int., n. 4/2016, pp. 1483 ss.; R. Rossi, Italian flat tax regime for business income accrued by individual taxpayers: some thoughts about the application for non-italian taxpayers, in Dir. prat. trib. int., n. 1/2019, pp. 100 ss.
[7] Per un’analisi sui metodi di elisione della doppia imposizione, si veda, senza pretesa di completezza, A. Fantozzi, K. Vogel, Doppia imposizione internazionale, in Dig. disc. priv., Sez. Comm., 1996, pp. 187 ss.; L. Tosi, R. Baggio, Lineamenti di diritto tributario internazionale, Padova, 2016, pp. 10 ss.; W. G. Kuiper, Definizione e analisi dei principi generali che regolano la fiscalità internazionale, in A. Dragonetti, V. Piacentini, A. Sfondrini (a cura di), Manuale di fiscalità internazionale, Milano, 2016, p. 53, che si sofferma sull’effettività del pagamento dell’imposta all’estero, nel senso che il metodo del credito d’imposta trova applicazione rispetto all’imposta effettivamente assolta e non a quella teoricamente dovuta.
[8] L’art. 24, par. 2, lett. a), della Convenzione tra Italia e Francia stabilisce che: «Gli utili e gli altri redditi (revenus positifs) che provengono dall’Italia e che sono ivi imponibili conformemente alle disposizioni della Convenzione, sono parimenti imponibili in Francia allorché sono ricevuti da un residente della Francia. L’imposta italiana non è deducibile ai fini del calcolo del reddito imponibile in Francia. Ma il beneficiario ha diritto ad un credito di imposta nei confronti dell’imposta francese nella cui base detti redditi sono inclusi. Detto credito di imposta è pari: – con riferimento ai redditi previsti agli articoli 10, 11, 12, 16, 17 e al paragrafo 8 del protocollo annesso alla Convenzione, all’ammontare dell’imposta pagata in Italia conformemente alle disposizioni di detti articoli. Esso non può tuttavia eccedere l’ammontare dell’imposta francese relativa a tali redditi; – per tutti gli altri redditi, all’ammontare della relativa imposta francese. Questa disposizione è parimenti applicabile alle remunerazioni di cui agli articoli 9, 13 paragrafo 3, e 19».
[9] Agenzia delle Entrate, risposta n. 98/2020, cit., pp. 5 ss.
Sulla sostituzione d’imposta, A. Parlato, Il responsabile ed il sostituto d’imposta, in A. Amatucci (a cura di), Trattato di diritto tributario, Padova, 1994, pp. 401 ss.; A. Fedele, Appunti dalle lezioni di diritto tributario, Torino, 2005, pp. 239 ss. Sui profili più recenti in materia di sostituzione d’imposta, G. Tabet, Il Punto su… Il notaio è diventato un sostituto d’imposta?, in Riv. dir. trib., supplemento online, 19 gennaio 2021, pp. 1 ss.; A. Fedele, Il Punto su… Sostituzione tributaria ed estensione degli effetti tributari al condominio, in Riv. dir. trib., supplemento online, 21 aprile 2021, pp. 1 ss. nonché sia consentito un rinvio a R. Lancia, Chiarimenti sul regime tributario, ai fini delle imposte sui redditi, dei buoni pasto dei lavoratori in modalità smart working, in Labor, supplemento online, 19 maggio 2021, p. 1.
[10] Cfr. CGCE, Lakebrink e Peters-Lakebrink, 18 luglio 2007, C-182/06, par. 34; CGCE, Renneberg, 16 ottobre 2008, C-527/06, par. 63.
[11] Così, efficacemente, G. Falsitta, I principi di capacità contributiva e di eguaglianza tributaria nel diritto comunitario e nel diritto italiano tra ‘ragioni del fisco’ e diritti fondamentali della persona, in Riv. dir. trib., n. 1/2011, pp. 525 e 526. In argomento, si rinvia anche a F. Tesauro, Istituzioni di diritto tributario. Parte generale, Milano, 2017, pp. 85 ss.; C. Francioso, Il caso Bevola: capacità contributiva e perdite definitive della stabile organizzazione, in Dir. prat. trib. int., n. 3/2018, pp. 862 ss.
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